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LUMINARIE

MA COME NASCEVA IN PASSATO UN ADDOBBO DI LUMINARIA?

Quella delle Luminarie è tra le più importanti e, soprattutto, singolari arti dell’effimera tradizione festiva Pugliese.

La prima fase consisteva nel fare una bozza di disegno su carta, il quale, successivamente, veniva ingrandito; spesso, in questa operazione, il pavimento o l’asfalto stradale sostituivano il foglio.

In passato, infatti, i disegnatori preferivano provare l’effetto del disegno iniziale proprio in spiazzi d’asfalto poiché, guardando dall’alto, riuscivano a vedere l’effetto prospettico e quindi a perfezionare il bozzetto iniziale.

In realtà più che semplici disegnatori erano dei veri artisti in quanto riuscivano, senza realizzare modellini e quinte scenografiche, ma dotati solo di un grande senso della prospettiva, ad immaginare il lavoro finito, con tutte le combinazioni possibili, solo dal disegno.

Le prove erano tante e, nelle numerose modifiche, venivano utilizzati gessetti colorati che simulavano le lampadine multicolori per ottenere diversi effetti luminosi, questi diventavano, a tutti gli effetti, gli schemi di montaggio per il posizionamento delle lampadine.

 

Dal bozzetto finale si passa alla realizzazione, riproducendolo sul legno in scala 1:1; il legno usato è quello di abete per le sue caratteristiche di robustezza, di relativa leggerezza e per la facilità di taglio ed intaglio; qualità, quest’ultima, indispensabile per poter realizzare un lavoro simile ad un enorme ricamo e, al tempo stesso, garantire compattezza e solidità.

Tutti i pezzi che compongono il disegno devono essere di facile assemblaggio e permettere eventuali aggiunte o modifiche in modo da creare più combinazioni.

 

Dopo aver costruito i grandi telai di legno ricchi di volute, ghirigori, cerchi, archetti, ringhiere, pendagli, pennacchi e roselline, se ne verifica l’assemblaggio nella sua totalità per constatarne posizionamento e proporzioni.

La terza fase di lavorazione è quella della pitturazione dei diversi telai con vernice di colore bianco perla, perché il bianco riflette la luce.

All’inizio di questa bellissima esperienza di luminarie, quando non c’era ancora la luce elettrica, le strutture venivano illuminate utilizzando il carburo e l’acetilene.

COME AVVENNE LA PRIMA "ACCENSIONE" DE CAGNA?

Nel 1932, fu portata, per la prima volta, la luce elettrica sulla cassarmonica con un gruppo elettrogeno di 10 KW.

Le lampadine venivano colorate dagli artigiani stessi che le infilavano dalla parte della ghiera su un telaio bucherellato coperto da faesite e, utilizzando un compressore, le spruzzano con vernice idonea; di seguito venivano infornate in forni a legna che raggiungevano la temperatura di 50-60 gradi facendole essiccare; con questa procedura le lampadine acquistavano trasparenza e lucentezza. 

Successivamente queste lampadine, dette mignon e micro-mignon, il cui potenziale elettrico è tra i 5 e i 25 Volt, venivano inserite negli appositi portalampade già fissate su telai di legno e disposte nel circuito elettrico mediante collegamenti “in serie” ed “in parallelo”.

Da allora sono trascorsi molti anni e i moderni sistemi di illuminazione hanno sostituito, nel tempo, quelli più antichi, sebbene le luminarie conservano ancora l’intrinseca autenticità artigianale.

 

È bene ricordare che, anche se la tecnologia consente oggi un uso pressoché illimitato di variazioni cromatiche, l’eleganza dell’addobbo luminario viene garantita quando si utilizzano pochi colori ben accostati tra loro in una combinazione armonica.

Tra i pezzi più rinomati ci sono: “l’Arco Reale”, “il Moulin Rouge”, il “Duomo di Milano”, “l’Arco Gotico”, “il Rosone”, “la Giarrettiera”, “la Conchiglia”, “il Pavone” e tanti altri ancora.

Si tratta di un campionario di proposte che, scelte di volta in volta dal Comitato organizzatore, illumineranno l’ingresso della festa e i viali prospicienti la chiesa dove si custodisce la statua del Santo al quale sono dedicati simili tributi.

 

CHI SONO GLI ARTISTI DELLE LUMINARIE?

Non sono altro che una grande squadra formata essenzialmente da: disegnatori, falegnami, elettricisti e montatori.

Anche per quanto riguarda il montaggio, in passato si avvalevano dei pochi mezzi a disposizione ovvero carri e scale e si potevano impiegare diversi giorni e diverse notti per montare tutto l’addobbo, poi, una volta terminata la festa, veniva smontato tutto nella stessa notte per poter rimontare in un altro paese.

Tutta la fatica del montaggio viene ampiamente ripagata all’accensione delle mille luci colorate che si stagliano nelle chiare notti d’estate come gemme sapientemente incastonate e la cui la struttura lignea scompare. Tutto è colore e linea, dosati con maestria e con eleganza stilistica, in un’esplosione di luci. A questo punto ritengo opportuno descrivere l’arredo utilizzato e l’uso che di esso se ne fa. Dalle prime strutture, che restano tutt’ora come le “gallerie” e la “cassarmonica”, si sono venute a creare nuove strutture che hanno preso la denominazione di “spalliera”, “frontone”, “rosone” e altri pezzi che possono essere utilizzati per riempire spazi vuoti, come le “campane, le “stelle”, il “candelabro”. Tutti questi nuovi arredi, con il passare del tempo, si sono imposti come arredi fissi.

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